Nona Variazione. Per lo humanistic management è centrale un modello di convivenza ispirato al concetto di convivialità. Riferimento storico per tale modello è il Convivio o Simposio platonico, che deve però sapersi confrontare con il bisogno attuale di vivere in dimensioni esistenziali multiple e contemporanee. Contesto ideale per la sua realizzazione è l’azienda convocativa.

Il desiderio di dare un maggiore significato alla propria esistenza passa attraverso nuove forme di convivialità e solidarietà. Lo conferma una indagine commissionata da Confesercenti a S3.Studium intitolata “Il futuro dei consumi in Italia nel 2008”, diretta da Fabiana Cutrano e Stefano Palumbo: “Condividere le proprie esperienze di vita e di consumo diventerà una priorità per un numero crescente di persone: conseguentemente, nei prossimi cinque anni, cresceranno in generale tutti i consumi conviviali, cioè quelli da condividere in compagnia, capaci di creare e rafforzare le relazioni”. Consumi caratterizzati dalla crescita, oltre che di quelle comunicative, delle componenti culturali, “con conseguente differenziazione sociale sempre più imperniata sullo style symbol (sulla capacità cioè dei beni di esprimere la cultura, il gusto e lo stile dell’individuo)”.[43]

Anche nell’esperienza organizzativa siamo ad una simile svolta, indicata col transito dal decision making al sense making[44]. La caduta del principio organizzativo unico, il disgregarsi della capacità ordinativa delle best ways, lo sviluppo infinito di localismi organizzativi, l’insopprimibile molteplicità dei punti di vista funzionali collegati in network per arricchire la risposta verso un contesto esterno sempre più demanding, hanno rinviato, indebolito, sfilacciato le possibilità di uno sviluppo automatizzato in un significato prescritto. Viceversa, hanno determinato l’esigenza crescente di costruire nuovi significati (sense making), in un processo retroattivo, avvenuto solo dopo che l’azione organizzativa si è sviluppata lungo un’esperienza nella quale, ormai, prima si giocano le partite e poi ci si domanda con quali regole le partite siano state giocate[45]. La pratica, per arrivare a questo, è una “conversazione dell’umanità”[46], nella quale la narrazione ha un ruolo fondamentale, così come tutte le competenze distintive ad essa connesse. Il significato e la memoria non sono “una lastra fotografica”[47], bensì una continua elaborazione del passato e delle azioni in esso sviluppatesi: il significato emerge dalle narrazioni di cui gli uomini sono stati autori o, per meglio dire, cantori e poeti.

Fondamentale è dunque la consapevolezza che l’uomo ragiona per storie. Non che in passato la narrazione fosse poco importante. Solo che era una narrazione monotona, a senso unico, prevedibile. Lo schema narrativo era composto da strutture fisse. Mentre lo humanistic management vive di narrazioni libere e dinamiche. Ma, soprattutto, non basta più una rappresentazione. Servono tante rappresentazioni quanti sono “i canali aziendali”. La memoria collettiva vive di racconti tradizionali, miti, valori sedimentati, ma anche di zapping. La cronaca è fatta di episodi, che catturano a tal punto l’attenzione del pubblico da essere dimenticati una settimana dopo e sostituiti da altri. Gli autori di soap operas hanno per esempio capito che l’unico modo per evitare lo zapping e catturare l’audience è “farsi zapping da soli”. Così nelle puntate delle soap, tutti sono in continuo movimento: si fa l’amore con tutti e ci si sposa con tutti. Lo stesso avviene nelle aziende: fusioni, evoluzioni, giri di poltrona manageriali. La sceneggiatura tipo della soap offre un criterio di interpretazione più utile di tanti altri schemi paludati e “scientifici” della dinamica evolutiva aziendale. Se questo è vero, per dare valore al contributo dei singoli, per accrescere le competenze, sono necessarie narrazioni creative, storie nuove o che, come nelle soap, sembrano ogni giorno nuove, pur avendo intrinseci rituali. Tali narrazioni, oltre ad essere scritte, devono anche essere viste, ascoltate, vissute. Sono necessari tutti i colori, i suoni, i profumi e i sapori del mondo per rimotivare, per sottolineare abilità, per attivare talenti.

Naturalmente, perché ciò avvenga, occorrono anche le condizioni strutturali adeguate. Un contesto idoneo a sviluppare una narratività pregnante, significativa, è quello definito dall’azienda conviviale[48] o convocativa.[49] La convocazione è invito attivo; è suscitamento dell’iniziativa discorsiva dell’altro, a partire dal riconoscimento di principio della sua autorevolezza in quanto altro. E’ lo sviluppo di relazioni dialogiche, che si diano carico non solo di usare utilmente un rapporto dato, ma di costruirne/ricostruirne le premesse. La cognitivizzazione del lavoro organizzato, definitivamente sancita dall’avvento di Internet, rende ancora più plausibile questo modo di intendere l’organizzazione. Nel Simposio aziendale del XXI° secolo, il modello generale di creazione e diffusione della conoscenza è la relazione a rete, in cui gli attori si legano, tramite strumenti condivisi, in network specifici di comunicazione.

Tutto ciò però non deve lasciare in secondo piano la rilevanza del faccia a faccia. Poiché il lavoro cognitivo non si concentra in luoghi fisici designati, tendenzialmente separati dalla società, è difficile immaginare che, in quanto tale, possa agire come nucleo di processi di aggregazione sociale. E’ significativo che la possibilità della teleconferenza non abbia determinato la fine dei viaggi d’affari. C’è un rapporto funzionale stretto tra comunità virtuale e cenacolo fattuale. Quelle virtuali non sono comunità ma semplici collegamenti – non di rado maniacali – se non generano o se non sono complementari al contatto diretto, al lavoro gomito a gomito.


[43] Cutrano e Palumbo, 2003.

[44] Weick 1995, Bonazzi 1999.

[45] Weick 1995, Bonazzi 1999, Carmagnola 2001.

[46] Rorty 1979.

[47] Gargani 2000.

[48] Stefani e Trupia, 2003.

[49] Trupia 2002.

L’illustrazione Nel Regno Segreto è di Stefano Faravelli

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