Il bazar delle visioni
Ore 23,45. Una quasi notte a Real Exchange, luogo dei racconti che si ascoltano con il cuore e si vedono con l’anima. La merce di scambio è preziosa ma difficile da descrivere anche perché i mercanti che si ritrovano a quell’ora non vendono come gli altri. Sanno di poter osare nel pretendere attenzione e meraviglia e l’unica contropartita che chiedono è di riconoscere e scambiarsi le emozioni. In queste notti è come se scomparissero le mercanzie di sempre e nel Bazar non ci fossero altro che sguardi densi ma impalpabili che si ritrovano e che scuotono nel profondo. Sguardi che fanno anche piangere perché spingono a guardarsi da fuori e, a volte, a non piacersi.
Come quando Sam incontrò gli occhi del giovane Bill, che non aveva voce ma profondità d’animo. Fu come un pesante schiaffo, come quelli rari che assesta un padre quando il figlio non vuole capire. Vedeva solo gli occhi di Bill, merce rara al mercato della banalità: chiudeva i suoi e vedeva quelli dell’altro e nella testa risuonava un “perché?” continuo. Pianse, Sam, ma sentì di essere un ipocrita che stava male ora che li aveva visti ma che domani sarebbe tornato a essere un “perfetto uno qualsiasi della società moderna”. Voleva chiedere scusa a tutti per essere uno qualsiasi. Per essere uno che non sa quanto è dura. Per vivere in una società di merda, superficiale e ipocrita. Restava la paura, paura che domani fosse un altro giorno come i precedenti e la guancia non fosse più rossa per lo schiaffo ricevuto.
A Real Exchange succedeva che queste storie ne alimentassero altre e nelle notti in cui ci si ritrovava tutt’intorno alla luce delle scatole accese, nel grande mercato delle visioni, altri avventori mettessero a nudo i propri sentimenti. Non era facile parlarsi e scambiarsi questa merce, ma i mercanti più avveduti si erano inventati nuove piste per farla circolare e arrivare a destinazione. E così in quelle notti in cui solo gli sguardi si incrociavano prendeva vita uno scambio di parole che si incamminavano su traiettorie impreviste e imprevedibili. Sembrava impossibile che dietro gli specchi luminosi del Bazar delle illusioni potesse esserci tutta quella vita vera e palpitante che si dava appuntamento per non dimenticare il bello e il buono dell’umanità. Eppure senza saperlo molti si ritrovavano lungo quella rotta e la sosta in quelle notti significava, per tutti, cambiare abitudini e avere voglia di non dimenticare la forza di quegli incontri.
I mercanti che si trovavano a Real Exchange si accorsero ben presto che le loro barche e le loro carovane erano vuote di merci e cariche di racconti che facevano stare bene chi li narrava e chi li ascoltava cambiando le regole del commercio. Sembrava impossibile non dover vendere, eppure quei viaggi sembravano destinati a impreziosire le menti dei partecipanti e a rendere avvincente la scoperta di nuovi orizzonti del pensiero. Il passato e il presente non erano più in conflitto, ma si confondevano in una trama superiore dove i fili intrecciati davano vita a un disegno mai visto prima. L’essere preziosi nasceva proprio da questo intreccio, così come le storie parlavano di ciò che è stato e di ciò che è per rendere più solide le fondamenta del futuro. A luccicare non erano le stoffe, a profumare non erano le spezie, a inebriare non erano le essenze: in quel posto dove tutto si vendeva le uniche a risplendere erano le vite raccontate. Vite illustri e meno illustri, note e sconosciute, ma tutte degli autentici capolavori umani per la forza che emanavano e per il coinvolgimento che procuravano. La reazione di chi ascoltava era di guardarsi dentro e di farsi tante domande, tante da confondersi. Ma la voglia di conoscere quelle ricchezze era tale da spingere i pochi o i tanti rapiti dal narrare a cambiare le proprie convinzioni e ad accogliere il cambiamento come dono di scambio. Di bocca in bocca, di cuore in cuore, di sguardo in sguardo quelle quasi notti a Real Exchange continuarono a essere un modo per incontrarsi e mescolare gli stati d’animo: le proprie ansie, le proprie speranze, i propri desideri. Sembrava impossibile che questo accadesse con un semplice gesto della mano, senza muoversi dalla propria casa, senza affrontare un viaggio. Accendere quella luce sull’umanità produceva lo stesso effetto di uno spostamento, con la conseguenza di perdere il contatto con il proprio io per immergersi nella vita degli altri, provocando l’insolito e dirompente spiazzamento che determina il riconoscersi.
Si è creata così la società perfetta dei narratori, perfetto mercato da cui tutti traggono un profitto. La giostra narrativa che si ripete ogni sera è adesso regolata molto precisamente, come un torneo cavalleresco, ma non prevede né vinti né vincitori: qui ognuno ha qualcosa da dare e qualcosa da guadagnare. Real Exchange è questo: l’approdo di coloro che hanno carichi pesanti da scambiare ma che trovano, nella comunità che ascolta e risponde, la verità degli esseri umani e il loro bisogno di legami. Anche per una notte.
Tratto da Le Aziende InVisibili, pp. 106-108.
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