Avvertimento
Non portate nel cosmo i burloni,
non ve lo consiglio.
Quattordici pianeti morti,
qualche cometa, due stelle,
e già durante il viaggio per la terza
i burloni cambieranno d’umore.
Il cosmo è quel che è,
ossia perfetto.
E i burloni mai glielo perdoneranno.
Nulla li farà gioire:
non il tempo – giacché troppo eterno,
non la bellezza – giacché senza pecche,
non la gravità – giacché non si lascia volgere in scherzo.
Tutti saranno ammirati,
loro sbadiglieranno.
Sulla rotta per la quarta stella
sarà peggio ancora.
Sorrisi acidi,
disturbi del sonno e di equilibrio,
discorsi stupidi:
che il corvo col formaggio nel becco,
che le mosche sul ritratto di Sua Maestà
o la scimmia nel bagno
- be’, sì, quella era vita.
Limitati.
Preferiscono il giovedì all’infinito.
Primitivi.
Preferiscono una nota stonata all’armonia delle sfere.
Stanno benissimo nelle fessure tra
teoria e pratica,
causa ed effetto,
ma qui non è la Terra e tutto combacia.
Sul trentesimo pianeta
(ineccepibile quanto a desolazione)
rifiuteranno perfino di uscire dalla cabine,
vuoi per un mal di testa, vuoi perché un dito duole.
Che imbarazzo e vergogna.
Tutti quei soldi buttati nel cosmo.
Sintesi del Capitolo: L’ironia, avvertenze per l’uso
L’ironia è uno strumento che va maneggiato con cura: la sua capacità di mettere in evidenza che spesso, come l’imperatore della favola, anche il top management è nudo mette a repentaglio l’incolumità aziendale di chi se ne serve.
Questo capitolo di Nulla due volte esplora il ruolo dell’ironia nel contesto organizzativo contemporaneo, ponendola come chiave di lettura critica e trasformativa rispetto alle logiche dello scientific management. L’ironia, nella sua accezione socratica, è presentata come un metodo di conoscenza fondato sulla dissimulazione e sul dubbio, capace di smascherare le false certezze e stimolare la ricerca della verità. Come scrivono gli autori, essa è «il gioco di parole o il variopinto quanto implacabile teatro di “finzioni” [...] attraverso cui il filosofo giunge a mostrare il sostanziale non-sapere dei presunti sapienti» (p. 80). In questo senso, l’ironia è uno strumento di auto-sviluppo e di costruzione di relazioni autentiche, che si oppone alla rigidità delle strutture aziendali tradizionali.
Nel contesto aziendale, tuttavia, l’ironia è spesso percepita come una minaccia. Essa mette in discussione l’autorità, svela le contraddizioni del potere e può generare reazioni di invidia, rabbia e desiderio di esclusione. «L’ironia provoca invidia, rabbia, voglia di annientare chi la pratica» (p. 89). Chi ironizza sul sistema, chi rifiuta di accettare le regole imposte, rischia di essere percepito come un elemento destabilizzante. L’ironia, infatti, è incompatibile con la logica del controllo e della standardizzazione tipica dello scientific management, che tende a ridurre le persone a “cloni” funzionali e prevedibili.
La distinzione tra ironia e sarcasmo è centrale nel testo. La prima è compassionevole, la seconda distruttiva. Wislawa Szymborska stessa chiarisce: «A volte la gente confonde l’ironia con il dileggio, lo scherno, col disprezzo per l’altro [...] Ma l’ironia è quella che ha anche il carattere di compassionevolezza, che è vicina agli altri. Questa è l’ironia che preferisco» (p. 74). L’ironia autentica è dunque un ponte verso l’altro, un modo per avvicinarsi e comprendere, non per giudicare o escludere.
Nel quadro dello humanistic management, l’ironia diventa uno strumento per demistificare il significato pre-scritto della realtà e per promuovere una cultura organizzativa più aperta, creativa e conviviale. Essa si oppone alla logica del “pensiero unico” e alla riduzione dell’individuo a semplice “risorsa”.
Il capitolo si chiude con un invito a chi possiede l’ironia come tratto distintivo della propria personalità: «Se la possiedi, se proprio non puoi farne a meno, non affrettarti a rivendicarne il ruolo, a volerla esercitare: tanto ti verrà naturale. [...] Vivila con generosa spavalderia, con determinata impudicizia» (p. 89). In questo senso, l’ironia è vista come una forma di resistenza etica e poetica, capace di restituire senso e umanità al lavoro e alla vita organizzativa.
Nel contesto del Pop Management, l’ironia si configura come uno degli strumenti più potenti per contrastare la retorica aziendalistica e la cultura della performance a tutti i costi. Essa permette di “guardare oltre il nostro ombelico”, come scrive Andrea Illy, e di riscoprire il significato profondo dell’impresa come luogo di senso, relazione e bellezza. In un’epoca dominata dalla velocità, dalla superficialità e dalla standardizzazione, l’ironia rappresenta una forma di lentezza pensante, di profondità leggera, di umanità resistente.
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